sabato 8 aprile 2017

Tra le righe di uno splendido libro

L’intensità narrativa di Paola Parodi
A cura di Silvia Ferrara


Paola Parodi nasce a Novi Ligure. La sua passione per la fotografia nasce nell’attimo in cui l’artista capisce che avrebbe potuto guardare il mondo da un differente punto di vista. Lei stessa commenta: “ Sono affascinata da spazi aperti, architettura, dettagli . “Less is more” è il suo motto. Paola Parodi, attraverso la fotografia esprime un linguaggio artistico immediato da proporre al pubblico senza particolari mediazioni.
In molte sue opere si nota senza dubbio una “intensità narrativa” colma di una personale sensibilità, intenta a cogliere un messaggio che comunica un personale punto di vista. Si può notare un’imponente bravura tecnica, in connubio con uno studio il quale si interiorizza per porre in risalto l’animo dei luoghi e dei soggetti.
Il mezzo della macchina fotografica è un mezzo attraverso il quale la Parodi rende visibile il cammino di una realtà quotidiana che talvolta diventa allegorica: dunque tra i vari soggetti immortalati si miscelano modelli animati dal visibile e a tratti invisibile.
Se si guardano le opere fotografiche della Parodi, si riconosce in parte un linguaggio “essenziale” in parte in continua sperimentazione che lascia spazio ad una realtà rievocativa di una singolare “essenza visiva”. Recentemente la Parodi ha partecipato alla realizzazione di un libro con Vilma Gabri inserendo le sue opere fotografiche. Ecco qualche riga tratta dalla prefazione: “I racconti brevi di Vilma Gabri e le fotografie di Paola Parodi fanno pensare alla poesia e alla musica: nitidi, limati e ritmati, precisi, cercano di catturare il mondo che passa, incerti se il ricordo, così fermato, possa godere di una breve resurrezione, di un’epifania, oppure la parola e lo scatto non siano altro che il suggello di un rito di addio.
I volti delle donne e degli uomini di una lontana infanzia di campagna ritornano per un momento nel bianco e nero della pagina e cercano, nel volo, di correggere il destino, di avere una seconda chance. Evaporano poi sorridendo e s’insinuano come il genio della lampada nelle immagini di città, nascosti dietro un paesaggio di sedie accatastate, ruote di bicicletta, ringhiere e balconi chiusi. Sono ancora tra noi, e a far silenzio se ne odono persino le voci…”

Per conoscerla meglio e raccontare il progetto editoriale a cui ha partecipato con notevole successo:

1: “Nel libro pubblicato recentemente intitolato : “La curva della strada” si possono leggere brevi racconti di Vilma Gabri e sono inserite le sue opere fotografiche che impreziosiscono le suddette storie. Come nasce tale connubio tra lei e l’autrice?”

R: Vilma ed io siamo vicine di casa, e assieme prendiamo parte a un piccolo esperimento cittadino: la comunità condominiale di Santaclaraparasiempre (Via S. Chiara 62 e 60), fucina di idee, cultura e buon vivere.
Vilma è autrice ed attrice teatrale (oltre che insegnante di italiano), e una sera che ci eravamo trovate a casa sua per la prima sessione del Club del Libro condominiale (poi purtroppo naufragato), aveva letto un paio di suoi racconti. Da questo ‘evento mancato’ (uno dei pochi della comunità che non hanno funzionato, per la verità) è venuta l’idea di un progetto a quattro mani con parole e immagini.


2: “Può raccontarci brevemente se esiste un filrouge che lega i racconti fra di loro, creando così una sublime opera unica e il legame che c’è fra lei e l’autrice?”

R: Il senso della raccolta lo dà il titolo, ‘La curva della strada’, che riecheggia il titolo di una poesia del portoghese Fernando Pessoa, ‘La morte è la curva della strada’.
Il fil rouge che lega i racconti è (per la maggior parte) la memoria di eventi e personaggi della vita di Vilma e della sua famiglia, che ha le sue radici nel profondo astigiano. La curva della strada dà appunto l’idea dell’apparire e sparire del ricordo, sempre presente ma sempre sfuggente.
Vilma ha alle spalle un lavoro teatrale sul poeta (‘Un trenino a molla che si chiama cuore’), ed ha una particolare sintonia con le atmosfere di un Portogallo che sembra quasi il Piemonte. Questa sintonia ha contagiato anche me, e di conseguenza, le mie fotografie…che non illustrano i racconti ma seguono un percorso parallelo, accompagnandoli.


3: “Parlando dei suoi scatti fotografici, ho potuto notare come ogni foto esprima una ricerca conscia e talvolta inconscia che attrae di certo il pubblico. E’ concorde con me e se  si in che modo i soggetti immortalati esprimono un pathos realistico, autentico?”

R: Sì, sono d’accordo. La fotografia è una scoperta recente, per me, e con questa  ho scoperto la capacità di osservare le piccole cose della realtà quotidiana…in qualche modo possiamo dire che ho alzato lo sguardo dal terreno. Un dettaglio può suggerire un ricordo, una percezione, un mondo intero….

4: “Si può enunciare che le sue opere rappresentano un’idea della vita in parte legata al quotidiano oppure sussiste un viaggio più legato al mondo surreale?”


R: Per adesso scavo tra le pieghe del quotidiano…ma mi piacerebbe, in futuro, trovare progetti che in parte ne escano.
Ho ancora molto da imparare, e sono entusiasta di farlo.

5: “Ci può svelare una sua emozione quando scatta una fotografia?”



R: Le racconto questo aneddoto. Qualche anno fa ho avuto la possibilità di fare un viaggio di qualche giorno con un gruppo che includeva un fotografo professionista (io non scattavo, allora). Ero sempre divertita dalla ‘smania’ che prendeva questo personaggio singolare quando trovava qualche soggetto da immortalare…piantava tutti in asso, inseguendo lo scatto perfetto. Posso dire che ora non lo troverei più tanto buffo, perché molto spesso mi capita di essere nella stessa situazione!  La fotografia mi ha regalato la sensazione di essere in vacanza nella vita di tutti i giorni.

martedì 4 aprile 2017

Omaggio a Leschiera e incontro fra artisti

Un universo di stelle

A cura di Silvia Ferrara

Il 1 aprile alle ore 18.30, la Torino Art Gallery di via Vanchiglia n.6 ha inaugurato “Stelle di primavera nell’arte”. Tale mostra desidera essere in parte un omaggio a Fernando Leschiera, pittore “astrale” di Torino scomparso prematuramente durante il mese di febbraio e in parte desidero presentarvi artisti di importante bravura e raffinatezza. Fernando Leschiera è di certo molto conosciuto tuttavia vorrei ricordare la sua partecipazione a IAAA (International Association of Astronomical Artists): ha avuto un percorso artistico brillante che partecipazione a note esposizioni, concorsi e ciò che pongo in evidenza è come l’artista credesse che la vita fosse solo un “passaggio” sulla terra e il suo spirito avesse lasciato il corpo quando dagli osservatori si è potuto ammirare la stella Aldebaran spegnersi per riapparire dietro la luna. 
Ho pensato di intitolare tale mostra “Stelle di primavera nell’arte” in quanto ogni artista che espone questa sera rappresenta una sorta di “stella del firmamento” con la sua peculiarità, originalità.
Prima di parlarvi in modo più particolareggiato degli artisti presenti in tale collettiva d’arte, vi riporto una citazione sugli astri che pare appropriata in tale evento: “Sulle stelle dipingerei una poesia di Benedetti con un sogno di Van Gogh e una canzone di Serrat sarebbe la serenata che offrirei alla luna”. Questa sera sono presenti alcune opere che possono essere considerate facenti parte di un universo astrale ove ogni quadro mostra ed esterna un mondo introspettivo ove si elaborano e si rielaborano dimensioni di varia entità, di differente natura segnica, ora più simbolica, ora più tradizionale.
Dunque è bello ed emozionante osservare tali quadri proprio come se fossimo in una costellazione ove ogni artista propone un’intensa lucentezza ed uno scenario di viaggio evocativo.
A tal punto voglio parlarvi di alcuni artisti che partecipano all’esposizione:
Lorella Gallina vive ed insegna in provincia di Torino. Il suo nome d’arte “La Dama del Lago” nasce sulle sponde del Lago di Mergozzo, il suo luogo del cuore: il percorso artistico si arricchisce di versi poetici dei quali è autrice e che sono un commento di molte opere. Con l’utilizzo dell’argilla, degli smalti e altri materiali ha creato opere singolari, concettuali. I suoi lavori sono realizzati creando una “diversità rappresentativa” che fa nascere dimensioni le quali conducono verso un cammino dualistico, ora verso l’ignoto ora verso tratti veristi. 
Rosa Maria Lo Bue è una pittrice poliedrica che, seguendo gli insegnamenti del professor Giacomo Soffiantino, ha capito che l’arte è parte integrante della sua vita. Ha seguito vari maestri di nota fama, ha frequentato l’Accademia Pictor e ha partecipato a famosi concorsi ed esposizioni di pregio. Quando guardiamo le “creature” Lo Bue si può certamente notare come i visi raffigurati siano caratterizzati da una rara purezza espressiva. Le variazioni coloristiche che s’intravedono enunciano un senso di dinamismo che conduce a “spirali astrali” presenti nei volti.
Valeria Carbone nasce a Torino, in una famiglia di tradizioni borghesi e liberali: fin da molto giovane alcuni dipinti hanno ricevuto grande lode da Felice Casorati. Dopo gli studi presso l’Accademia Albertina di Torino, ha seguito gli insegnamenti di noti maestri, l’incontro con Lucio Fontana è stato molto importante, per oltre 25 anni la Carbone si dedica con passione all’insegnamento. Immergersi nel suo mondo artistico è un privilegio per chi guarda le sue opere; la sua energia pittorica richiama frammenti raffinati ed esplosivi i quali rapiscono il pubblico. Per “capire” bene i suoi lavori bisogna osservarle con uno sguarda che attraversa l’opera medesima.
Piera Romeo è nativa di Torino, studia materie umanistiche, si dedica al lavoro perseguendo una carriera di successo nel campo delle risorse umane presso una nota azienda di Torino. Non avendo più soddisfazioni da tale lavoro, inizia ad esprimersi con forme artistiche differenti. Tra le varie arti Romeo sperimenta la tecnica e frequenta corsi di oreficeria e tessitura. Crea prototipi per alcuni brand: “La Materia è l’incipit da cui tutto parte, è una parte sublime dell’artista”.  Lei stessa così commenta: “ La natura dona le materie che nelle mani dell’artista diventa opera d’arte”. Questo connubio tra la poesia e l’arte dei gioielli, invita l’osservatore a “perdersi nei suoi lavori” e a far notare come ogni composizione crei una “musica”, un ritmo incalzante ed espressivo.
Anna D’Alessandro  nasce a Macomer, in Sardegna. Vive e lavora a Casarsa delle Delizia in Friuli. Fin da piccola il colore è parte della sua vita: c’è un forte legame con la sua terra di provenienza, e durante il periodo della scuola, ha cominciato a prendere confidenza con matite e pennelli, per ricercare una tecnica che riproducesse le sfumature dei fiori e della natura. Utilizza la tecnica digitale per raccontare sentimenti e la parte più profonda dell’animo. C’è un incontro tra la tecnica digitale e quella più tradizionale. Ciò che le accomuna è il desiderio di divulgare un messaggio recondito: esprimere contenuti e significati che vanno aldilà di ogni “processo cognitivo” ove le forme si liberano e nasce una sconfinata fantasia.
Loredana Giannuzzi  nasce a Roma e fin da molto presto l’arte è sempre stata la sua passione perché desiderava “personalizzare” ciò che la circondava. Dopo aver abbandonato temporaneamente la pittura per circa 30 anni, la Giannuzzi ha ricominciato a creare opere, forse un po’ influenzata dallo stile di Klimt dedicandosi alla donna, congiunta ad un elemento del creato. Nelle sue opere, eseguite con una rara maestria, si nota il desiderio dell’artista di andare oltre ad una certa “tradizionalità” per condurre l’uomo in una retificazione di pensieri che creano un verbo artistico molto suggestivo. Dunque le sue donne sono speciali.
Andrea Zampollo nasce a Rovigo. Dopo aver vissuto nel Ferrarese, si trasferisce a Torino negli anni ’80 ove termina gli studi: dal 2008 si avvicina all’arte con naturalezza ed è spinto dalla voglia di ricerca e di ritrovare la “realtà” nella sua bellezza. Zampollo predilige il mondo figurativo accostando tecniche installative alle tele. Ho avuto la fortuna di seguire tale artista in buona parte del percorso artistico e ho notato un interessante evoluzione ove è certa la padronanza dello stile e si può notare in ogni opera la ricerca di una quiete interiore. Ogni scena, sia paesaggistica che cittadina pare a volte “allegorica” alla ricerca di un allontanamento dalla mera realtà per immergersi in un mondo colmo di una “prospezione introspettiva”.
Silvia Perrone nasce a Torino. Dopo gli studi in Economia e Commercio, ha perseguito presto il sentiero dell’arte, accostandosi dapprima a corsi di pittura su ceramica a terzo fuoco, poi a olio molle. In seguito, con una sensibilità del tutto personale, crea opere figurative colme di eleganza e con una componente a tratti enigmatica presente nei suoi volti femminili. L’universo espressivo proposta dalla Perrone pone in evidenza volti di donna, ricchi di un lirismo a tratti più romantico a tratti più misterioso.
Tra i partecipanti: Roberto Andreoli, Aldo Antonini, Mario Bargigia, Edoardo Bellini (che durante il mese di maggio esporrà in galleria le sue splendide opere in una singolare personale), Josephine Ciufalo, Andrea Droetti, Giuseppe Fatiga, Fausto Gervasi, Erjon Metko, Maurizio Velluti, Alessandra Ubezio, Vittorio Valentini. 

In tale mostra abbiamo in permanenza opere di Margherita Caliendo, Francesco Pastore, Giovanna Sinatra, Dino Acciaro, Bruna Vietri, Paola Parodi. 
La mostra perdura fino al 5 maggio.