martedì 8 febbraio 2011

Un angolo nascosto di Venezia


Entrando nella scuola di San Rocco, a Venezia, si avverte un freddo intenso. Non è la comune sensazione di “gelo” che il visitatore prova mentre visita un museo o un palazzo antico ove i capolavori temono qualsiasi fonte di calore; si va oltre. Entrando da quella porta non molto grande, lo sguardo è subito attratto da decine di teleri di Jacopo Tintoretto affisse in ogni dove: è proprio in tale attimo che il freddo sembra ricordare l’immortalità dell’arte. Ascoltando l’audioguida, si possono apprendere alcuni interessanti cenni storici. Un quadro piuttosto preciso emerge dalla “mariegola”, una sorta di statuto che oltre al regolamento di disciplina della vita quotidiana e gli elenchi dei confratelli, riporta alcuni documenti riguardanti i rapporti della stessa confraternita con le varie istituzioni cittadine. 1478 è la data in cui il patriarca Maffeo Girardi  attribuisce la nascita di una “prima pietra” di una cappella intitolata al Santo, da erigersi all’interno del cimitero dei Frari. Dopo un secondo attacco di pestilenza e i molti pellegrinaggi a Voghera, ove sembrava fosse sepolto il corpo del Santo, lo stesso San Rocco venne portato a Venezia.
Nella Sala Capitolare lo sguardo si rivolge con stupore al soffitto completamente ricoperto di ovali e teleri; si può ammirare tra le varie meraviglie l’effigie di San Rocco. La tradizione di molti secoli, racconta la storia di un giovane di nota famiglia francese che rinuncia a tutti i privilegi, donando ai poveri i suoi averi e incamminandosi in pellegrinaggio verso Roma. Dal ricordo del vescovo Rocho di Autun, si chiamerà poi Rocco, protettore dei malati e in seguito degli appestati. Dai disegni di preparazione del Tintoretto, le tele utilizzate, si sono rivelate essere di lino, con differenti armature, sia semplici come il tabì, simile a quella del taffetà, che più robuste come la spina di pesce. La scelta della trama non sembra essere dipendente dal tipo di dipinto o dalla sua collocazione: ad esempio, per l'Ultima Cena Tintoretto ha utilizzato una trama grossolana, nonostante il dipinto sia visibile da una distanza ravvicinata.
Il Tintoretto ha “raccontato” la storia come lo svolgimento di un piano divino che fa capire agli uomini che il compito assegnato da Dio è la solidarietà reciproca.
L’ubicazione della Scuola prende il nome dell’omonimo Santo e tale slargo a Venezia è di certo una raccolta di diversi stili architettonici. Probabilmente l’entrata di tale palazzo non attira molto i visitatori, è quasi un angolo anonimo, ma chi l’avrebbe mai detto che tale loco all’interno nascondesse così tanti tesori?