L’intensità narrativa di
Paola Parodi
A cura di Silvia Ferrara
Paola Parodi nasce a Novi
Ligure. La sua passione per la fotografia nasce nell’attimo in cui l’artista
capisce che avrebbe potuto guardare il mondo da un differente punto di vista.
Lei stessa commenta: “ Sono affascinata da spazi aperti, architettura, dettagli
. “Less is more” è il suo motto. Paola Parodi, attraverso la fotografia esprime
un linguaggio artistico immediato da proporre al pubblico senza particolari
mediazioni.
In molte sue opere si nota
senza dubbio una “intensità narrativa” colma di una personale sensibilità,
intenta a cogliere un messaggio che comunica un personale punto di vista. Si
può notare un’imponente bravura tecnica, in connubio con uno studio il quale si
interiorizza per porre in risalto l’animo dei luoghi e dei soggetti.
Il mezzo della macchina
fotografica è un mezzo attraverso il
quale la Parodi rende visibile il cammino di una realtà quotidiana che talvolta
diventa allegorica: dunque tra i vari soggetti immortalati si miscelano modelli
animati dal visibile e a tratti invisibile.
Se si guardano le opere
fotografiche della Parodi, si riconosce in parte un linguaggio “essenziale” in
parte in continua sperimentazione che lascia spazio ad una realtà rievocativa
di una singolare “essenza visiva”. Recentemente la Parodi ha partecipato alla
realizzazione di un libro con Vilma Gabri inserendo le sue opere fotografiche.
Ecco qualche riga tratta dalla prefazione: “I racconti brevi di Vilma Gabri e le fotografie di
Paola Parodi fanno pensare alla poesia e alla musica: nitidi, limati e ritmati,
precisi, cercano di catturare il mondo che passa, incerti se il ricordo, così
fermato, possa godere di una breve resurrezione, di un’epifania, oppure la
parola e lo scatto non siano altro che il suggello di un rito di addio.
I volti delle
donne e degli uomini di una lontana infanzia di campagna ritornano per un
momento nel bianco e nero della pagina e cercano, nel volo, di correggere il
destino, di avere una seconda chance. Evaporano poi sorridendo e s’insinuano
come il genio della lampada nelle immagini di città, nascosti dietro un
paesaggio di sedie accatastate, ruote di bicicletta, ringhiere e balconi
chiusi. Sono ancora tra noi, e a far silenzio se ne odono persino le voci…”
Per conoscerla meglio e raccontare il progetto editoriale a cui ha
partecipato con notevole successo:
1: “Nel libro pubblicato recentemente intitolato : “La curva della
strada” si possono leggere brevi racconti di Vilma Gabri e sono inserite le sue
opere fotografiche che impreziosiscono le suddette storie. Come nasce tale
connubio tra lei e l’autrice?”
R: Vilma ed io siamo vicine di casa, e assieme prendiamo parte a un
piccolo esperimento cittadino: la comunità condominiale di
Santaclaraparasiempre (Via S. Chiara 62 e 60), fucina di idee, cultura e buon
vivere.
Vilma è autrice ed attrice teatrale (oltre che insegnante di italiano),
e una sera che ci eravamo trovate a casa sua per la prima sessione del Club del
Libro condominiale (poi purtroppo naufragato), aveva letto un paio di suoi
racconti. Da questo ‘evento mancato’ (uno dei pochi della comunità che non
hanno funzionato, per la verità) è venuta l’idea di un progetto a quattro mani con
parole e immagini.
2: “Può raccontarci brevemente se esiste un filrouge che lega i
racconti fra di loro, creando così una sublime opera unica e il legame che c’è
fra lei e l’autrice?”
R: Il senso della raccolta lo dà il titolo, ‘La curva della strada’,
che riecheggia il titolo di una poesia del portoghese Fernando Pessoa, ‘La
morte è la curva della strada’.
Il fil rouge che lega i racconti è (per la maggior parte) la memoria di
eventi e personaggi della vita di Vilma e della sua famiglia, che ha le sue
radici nel profondo astigiano. La curva della strada dà appunto l’idea dell’apparire
e sparire del ricordo, sempre presente ma sempre sfuggente.
Vilma ha alle spalle un lavoro teatrale sul poeta (‘Un trenino a molla che
si chiama cuore’), ed ha una particolare sintonia con le atmosfere di un
Portogallo che sembra quasi il Piemonte. Questa sintonia ha contagiato anche
me, e di conseguenza, le mie fotografie…che non illustrano i racconti ma
seguono un percorso parallelo, accompagnandoli.
3: “Parlando dei suoi scatti fotografici, ho potuto notare come ogni
foto esprima una ricerca conscia e talvolta inconscia che attrae di
certo il pubblico. E’ concorde con me e se
si in che modo i soggetti immortalati esprimono un pathos realistico,
autentico?”
R: Sì, sono d’accordo. La fotografia è una scoperta recente, per me, e
con questa ho scoperto la capacità di
osservare le piccole cose della realtà quotidiana…in qualche modo possiamo dire
che ho alzato lo sguardo dal terreno. Un dettaglio può suggerire un ricordo,
una percezione, un mondo intero….
4: “Si può enunciare che le sue opere rappresentano un’idea della vita
in parte legata al quotidiano oppure sussiste un viaggio più legato al mondo
surreale?”
R: Per adesso scavo tra le pieghe del quotidiano…ma mi piacerebbe, in
futuro, trovare progetti che in parte ne escano.
Ho ancora molto da imparare, e sono entusiasta di farlo.
5: “Ci può svelare una sua emozione quando scatta una fotografia?”
R: Le racconto questo aneddoto. Qualche anno fa ho avuto la possibilità
di fare un viaggio di qualche giorno con un gruppo che includeva un fotografo professionista
(io non scattavo, allora). Ero sempre divertita dalla ‘smania’ che prendeva
questo personaggio singolare quando trovava qualche soggetto da
immortalare…piantava tutti in asso, inseguendo lo scatto perfetto. Posso dire
che ora non lo troverei più tanto buffo, perché molto spesso mi capita di
essere nella stessa situazione! La
fotografia mi ha regalato la sensazione di essere in vacanza nella vita di
tutti i giorni.