L’empatia nei volti di Viti
A cura di Silvia Ferrara
Una famosa frase di Amedeo
Modigliani identifica l’importanza assoluta del volto e fa capire come il tocco artistico di Alberto Vittorio
Viti sia raro, colmo di un’intensa espressione. “Il futuro dell’arte è nel
volto ….Picasso come fa a far l’amore con un cubo?”.
Già ai tempi del noto
Modigliani e ancor prima il volto è sempre stato considerato una bella ed
espressiva forma d’arte.
Viti ha seguito un percorso
piuttosto poliedrico ove le atmosfere che richiamano i visi dipinti inducono il
fruitore in un cammino di contemplazione
espressiva colmo di lirismo.
Alberto Vittorio Viti ha un
percorso artistico piuttosto ricco di studi e di successi personali: dal 1990
Viti si dedica a studi differenti con buon esito e fra questi il Centro Studi
Musicali, consegue la laurea al Dams e la Facoltà di Scienze della Formazione
con indirizzo cinema. Segue lezioni di Batteria, Percussione e pone in evidenza
la sua passione per la recitazione, il doppiaggio e la dizione. Dopo gli studi
presso l’Accademia delle Belle Arti in Torino, partecipa a concorsi e premi
ottenendo importanti riconoscimenti.
Ogni esposizione evoca una
sorta di configurazione artistica avvolgente,
in una prospezione che si allontana da rigidi intellettualismi per
immergersi in un’immensa interiorità ricercata.
Ho potuto notare come nelle
opere dell’artista non sia presente una sorta di tensione pittorica anzi emerge
con forza un messaggio comunicativo che fuoriesce dall’opera con empatia. Le
sensazioni che nascono in ogni arte da lui seguita, testimoniano una sua grande
professionalità e la presenza di uno stile del tutto personale.
Le pongo qualche domanda per
conoscerla un po’ meglio:
1: Quando si guardano le sue
opere, penso ad una citazione del famoso studioso Adler: “Vedete con gli occhi
di un altro, ascoltate con le orecchie di un altro, sentite con il cuore di un
altro”. Tale aforisma si allontana da ogni tipo di retorica per porre in risalto
una forte empatia tra il fruitore e il quadro: è d’accordo con me e se si come
nasce tale processo dinamico e senza dubbio armonico?”
R: Si sono
assolutamente d’accordo. Ritengo che questa visione di Adler renda al massimo
il significato di empatia, ovvero quella di allargare la propria esistenza e
capacità personale, per accogliere quella dell’altro, il fruitore, creando uno
spazio genuino e simbiotico.
Ed è
proprio grazie a questo processo di interscambio che si mantiene comunque la
propria autonomia e libertà, uno scambio equo di parti, dove però non viene a
mancare mai la originale ed innata identità, in modo che si possa ottenere un
reciproco arricchimento, una crescita non solo comune ma anche personale. E’
qui che si palesa quel processo armonioso e dinamico delle parti. Un “do ut
des” che senza complicità, umiltà e voglia di darsi verrebbe a mancare.
2: “Come ha vissuto nel corso
degli anni questa sua poliedricità nelle molte esperienze professionali e come
sono nati orizzonti artistici così differenti ma così iconici e di molteplici
tendenze?”
R:
Ho convissuto sempre in maniera allegra e spensierata questa mia
“poliedricità”, sin da bambino. Quel fuocherello che ardeva dentro di me mi ha
spesso portato ad una visione molto curiosa del mondo, specie quello artistico.
Musica, disegno, recitazione, canto sono tutte attitudini e passioni che non
sono mai state in conflitto tra di loro anzi, ognuna alimentava l’altra, anche
se in periodi diversi della mia vita o durante percorsi personali, fatti anche
di tanti altri impegni extra artistici, ma che mi hanno portato a riflettere su
quello che avrei voluto diventare "da grande”. Nei fatti e nei
dettagli ci sarebbe molto, troppo da raccontare e raccontarsi, ma per non
tediare oltre il lettore (ricerca empatica anche questa), potrei
sintetizzare che il risultato di quello che sono oggi (e di quello che vorrei
essere un domani), è davvero stato il frutto delle mie scelte.
Uno
"sliding doors” naturale ma mai sofferto, un concatenarsi di
azioni-reazioni che mi hanno portato, nel mio crescere anche a livello
affettivo-comportamentale, al voler per esempio abbandonare lo studio del
clarinetto per un sopraggiungere di un animo sempre più “rock” e ribelle,
portando il mio interesse verso la batteria e le percussioni, dal passaggio
dalla recitazione teatrale, ad un approfondimento su come utilizzare il mio
timbro di voce con studi di doppiaggio, o anche solo dal semplice ricordo dei
tanti disegni che facevo da bambino fino a riprenderne, molti anni dopo ma con
lo stesso identico ed immutato entusiasmo, la produzione, tramutandola in
quella che oggi è la mia attività in cui focalizzo tutta la mia attenzione e
passione : il disegno appunto e la pittura.
Sembrerebbe
banale e scontato spiegare come siano nati questi molteplici orizzonti
artistici, affermando che sono, o meglio, che li sento innati dentro di me. Ma
è proprio cosi: disegno da quando ho avuto la capacità di tenere una matita in
mano e già verso i 4-5 anni ho dei ricordi nitidi di me all’asilo in cui mi
applicavo meravigliandomi come potesse la mia mano riprodurre su foglio quello
che i miei occhi vedevano.
Canto
e recito dalla più tenera età, anche li: un percorso fatto di imitazioni
scolastiche e di sberleffi canori: pur di far ridere i miei compagni ero pronto
a farmi sgridare dalla maestra o dal professore di turno. L’esibizione, la
voglia di mettersi in mostra, un pizzico di egocentrismo e perché no, di
vanità, hanno sempre fatto di me una persona piuttosto eccentrica in tal senso.
Quella voglia e quel desiderio innato di sentirmi dire che ero bravo. Non
importa in quale espressione artistica essa fosse.
Per
questo ogni mia inclinazione creativa non ha mai cioccato l’una con l’altra, ma
anzi si sono rafforzate fra di loro col tempo!
3: “La ritrattistica è uno
dei cammini artistici da lei più perseguito recentemente e tale mondo pittorico
rappresenta un sublime universo volto alla riflessione. Come nasce tale sua
passione per i visi di personaggi più o meno noti e qual è l’incipit dal quale
nasce il suo tocco?”
R:
“Dunque, io nasco ritrattista e..”
Questa
è l’introduzione che faccio sempre quando mi si chiede di presentarmi, di
raccontare di me e di come sia nata la mia passione per questa branca dell’arte
pittorica.
La
ritrattistica, la voglia di riprodurre volti, era evidente in me sin da
ragazzino: mi cimentavo nel copiare, o meglio, nel caricaturare i volti più
espressivi che incontravo nel mio cammino: volti di parenti, foto di personaggi
noti, visi che ispiravano la mia curiosità, il mio estro.
Solo
dopo molti anni però ho intrapreso quella che potrei definire la strada della
ritrattistica iper realista. O almeno il tentativo sarebbe quello. Il desiderio
di riprodurre fedelmente, quasi in maniera maniacale, i tratti di un volto,
maschile o femminile che sia, giovane od anziano, o anche musi di animali. Cani
e gatti in primis. Durante questo mio cammino artistico, tutt’oggi cerco anche
di esprimermi con altri stili, mezzi e differenti soggetti o punti di vista, ma
il ritratto sarà sempre il mio genere più gradito: nasco ritrattista, è vero, e
voglio morire ritrattista!
Cogliere
l’anima della persona ritratta, dargli vita è uno degli obiettivi che, secondo
me, ogni ritrattista dovrebbe farsi carico. E se gli occhi sono l’espressione
dell’anima, è proprio da li che inizio a disegnare i miei ritratti: dargli vita
è il modo per rendere l’artista immortale, come già sosteneva Foscolo nei suoi
Sepolcri: il veicolo questo per l’accesso alla vita eterna.
4: “Alcune volte in modo
errato ho letto che l’arte figurativa viene oggigiorno considerata un qualcosa
di “già visto” . Come risponderebbe a tale mia provocazione con un suo
commento?”
R:
Darò una risposta secca e provocatoria alla questione del “già visto” nel
figurativo:
“Non
giudicare e prova a farlo (anche) tu”..
5: “Mi può svelare i suoi
programmi futuri in campo artistico?”
R:
In futuro ho diverse proposte di collaborazioni, sia a livello regionale che
nazionale, mostre personali, collettive e vari concorsi. Ogni preciso dettaglio
su luoghi e date verrà esposto sia sul mio sito che sulla mia pagina Facebook
(da qui il mio invito a seguirmi!).
Tuttavia
quello che più mi preme è quello di mantenere questo stesso entusiasmo che da
sempre mi contraddistingue, per raggiungere quella maturità artistica personale
che mi permetta di scavare nel mio io, affinando e distinguendomi con uno stile
tutto mio, senza mai però abbandonare la mia grande passione per la mera
copiatura di un volto, la ritrattistica appunto: sfogo naturale questo per
abbattere e superare ogni possibile momento tedioso, seppur raro,
dell'esistenza.